
Il volume In fondo a destra del professore di storia e filosofia Lamberto Giannini è un saggio storico di taglio critico che, partendo dalla considerazione della consueta collocazione del bagno nei locali pubblici in fondo a destra, come sostiene il titolo, per suggerire velatamente, ma non troppo, l’associazione destra = deiezione, fornisce un’analisi, oggettiva e, nello stesso tempo, disincantata, della storia italiana contemporanea.
Propone una riflessione, un viaggio nella vita del nostro paese, intrecciata costantemente con le vicissitudini di un paesino siciliano, Corleone. L’autore prende le mosse dal Connubio tra Cavour e Rattazzi e dal risveglio economico della nazione con Giolitti, per poi giungere, attraverso la prima guerra mondiale e le vicende italiane dal secondo dopoguerra ai giorni nostri, tratteggiando sapientemente figure come Pasolini, Berlinguer, Craxi, Andreotti, Berlusconi e Renzi.
Il volume, risultato dell’esperienza ventennale dell’autore come insegnante di discipline storico-filosofiche nonché della passione costante per l’attualità, presenta uno stile asciutto, lineare, sebbene mosso, a tratti, dalla vivacità drammatica dell’aneddoto, dal ricordo personale vivificato dall’emozione dell’oggi, e fornisce una disamina sapiente, ma viva, di eventi del passato che rappresentano ancora adesso un deposito memoriale di idee, pensieri e azioni necessarie per comprendere, davvero, in profondità, il nostro presente.

Una vita normale, una famiglia tranquilla, un amore sincero e una gioventù burrascosa sono gli ingredienti essenziali di questo piacevole romanzo di Massimo Livori.
Il romanzo si articola su due ritmi narrativi e spazio temporali: il presente e il passato che si alternano in uno scenario sempre mutevole dal punto di vista dei protagonisti, della loro età e dei loro stati d’animo che si susseguono su sfondi sempre diversi, catturando l’attenzione del lettore.
Gli ideali della gioventù in un momento storico particolare come quello degli anni di piombo, il consapevole abbandono degli istinti forti e la ricerca di altri valori che mutano con l’età e il contesto quotidiano dei protagonisti, vengono descritti da Livori con sapiente maestria.
È una lettura piacevole e veloce, la storia scorre bene e coinvolge il lettore negli intimi travagli dei protagonisti che vivono situazioni e stati d’animo particolari e drammatici.

Si può definire questo di Donatella Stefanini un romanzo in due puntate.
Infatti due sono i momenti di questa storia d’amore, di un grande amore tra due persone non più giovani che si incontrano dopo tanti anni e che rivivono sensazioni mai sopite.
Ognuno di loro ha una vita ormai strutturata con affetti, figli e lavoro ma l’attrazione tra loro ha il sopravvento e senza ribaltare vite e storie trovano nel loro quotidiano uno spazio da vivere insieme e questo loro ritrovarsi è: “Il secondo martedì del mese”. Saverio è un avvocato di successo che lavora a Milano con uno studio che ha clienti in tutto il mondo, è bello, ricco, colto, desiderato da donne bellissime.
Antonella è impiegata in uno studio legale ed è lì che lo ha conosciuto, allora giovane praticante, un’improvvisa attrazione li aveva spinti l’uno verso l’altro. Ma alla vigilia delle nozze non si poteva gettare all’aria un rapporto, anche se costruito più con la mente che con il sentimento, così la storia con Saverio non era realmente mai nata, ed era rimasta, nell’immaginario di Antonella, come un’occasione di felicità mai vissuta.
Donatella Stefanini percorre questa storia che conosce, oltre ai due protagonisti, altri attori che formano una ricca cornice al romanzo con vicende che rendono la storia di Saverio e Antonella non una vicenda banale ma una storia ricca di veri e propri colpi di scena. Vicende di amori e di affetti che fanno di questo primo lavoro di Donatella un piacevolissimo divertissement.
Ritroveremo alcuni dei protagonisti del libro nella seconda opera dell’autrice: Ljuba.

In piazza Roma, a Livorno, finiva la città marinara, con tanto di Porto Industriale e Cantiere Navale ed aveva inizio la periferia costellata di case coloniche. Era l’otto Giugno dell’anno 1920, l’estate stava per sbocciare e gli odori, il canto degli uccelli e le vesti leggere delle donne, mettevano allegria. Il Commissario si decise a dare la prima passata di rasoio e, fischiettando, intonò l’aria ‘Schiocca la frusta’, della Cavalleria Rusticana. Era allegro, gioviale, quasi felice, di tanto in tanto posava la sua attenzione alla sedia da camera, dove era stato messo in piega un vestito nuovo di lino grinzoso, color panna, che assieme alle scarpe bicolori, comprate il giorno prima, la camicia bianca in cotone leggero ed il fiocco blu, sarebbero stati l’abbigliamento per quella sera. Alle ore ventuno, infatti, avrebbe fatto visita a casa Paciotti, in via Ricasoli, dove l’attendeva Ada, la florida ed avvenente ventenne, a cui dava il filo da tre mesi.

Tra ombre e sguardi mi trovai circondato da misteri che mi cambiarono il modo di "respirare" e di capire il valore delle conquiste.
IL MIO FUOCO INTERNO SARÀ SPENTO DAL SOFFIO DELLA MIA ANIMA
Da me in poi non mi mentirò più,
da me in poi scalerò scivoli
per non rimanere sotterrato dalla mie ambizioni,
da me in poi guarderò il giorno come una madre
osserva la sua creatura in fasce,
da me in poi curerò ogni dettaglio per far sì che
il mio meglio non si infetti con il tuo peggio,
da me in poi imparerò a respirare sott’acqua
per stare a contatto con un mondo migliore,
da me in poi la mia faccia invecchierà senza paura
di confondersi con il tempo sconfitto,
da me in poi riuscirò a salvare un fiore sull’asfalto
come dio ci salva da ogni proiettile sparato ad
occhi chiusi,
da me in poi incasserò le tue critiche per investirci
sopra,
da me in poi crederò solo al metro che mi divide
dall’ansia e saluterò le mie paure come se partissi
per sempre,
da me in poi mi solleverò per capire dove potrò
riposarmi e uscire per mano con la sicurezza che
fa tremare un uomo con un coltello in mano,
da me in poi scoprirò me stesso anche sotto la
neve e gelerò i miei sbagli aspettando il sole per
farteli bere,
da me in poi crederò che la politica sia la guerra
dei muti,
da me in poi penserò che la musica non sia la
chiave della salvezza,
ma sia quell’essenza che ti far restare per sempre.
Da me in poi sarò quello che in parte ho scritto
l’altra parte la scoprirò guardando e camminando
sulla vena meno trafficata che ho.
Finalmente posso urlare e guidarmi da me in poi.
Francesco Fenzi

Ci vuole coraggio per guardarsi dentro, ci vuole coraggio per scrivere, ci vuole coraggio per raccontarsi agli altri. E Nella ce l’ha. Ha la forza che viene dalla consapevolezza che è arrivato il momento di chiarire qualcosa,una volta per tutte, e non è più possibile girarci intorno, parlare e basta. Perché le parole sono lì ma spesso non si fermano e ritornano e si deve sempre ripartire daccapo.
Fino a quando si scrivono… e allora è diverso.
E la parola si fissa e non scompare più, ma è lì, sul foglio, e non è più possibile ignorarla. Si può correggerla, ampliarla, spiegarla meglio, ma, ormai è lì, e l’abbiamo scritta proprio noi. É un non dover ripartire daccapo, ma esattamente da lì. E ci vuole coraggio a continuare, troppo facile trovare scuse per tornare indietro, ma non è più possibile. Perché abbiamo scritto: il fiume ha iniziato il suo corso e non si fermerà più.
È un fiume di parole che si snoda, si contorce, si impenna, fuoriesce, travolge, inonda, si placa, riposa, e poi, continua a scorrere… lambisce sponde, distrugge argini, si libera di acqua sporca e rigenera acqua nuova, pulita trasparente…
Porta acqua e vita al suo passaggio, acqua e vita… e non ci resta che approfittarne.
Grazie Nella, per la tua forza e il tuo coraggio e benvenuta fra noi che scriviamo, ogni tanto…

La storia di Caesar raccontata dalla figlia MaryLou.
Caesar era un italo americano che arruolatosi nell’esercito degli Stati Uniti gira il mondo con la moglie Maria. Il suo sogno però era quello di tornare in Italia con la numerosa famiglia (sei figli). Dopo varie peripezie, compresa la terribile parentesi del Vietnam, Caesar viene destinato alla base di Camp Darby. A Livorno la famiglia Russomanno mette radici, superando la naturale diffidenza dei livornesi per gli americani, e, poco alla volta, superate le prime difficoltà, si innamora di Livorno e dei livornesi.

La Fondazione di Livorno in Undici Capitoli
CHI SONO DUNQUE I LIVORNESI? Chi è questa gente così strana che, pur vivendo in Toscana, di toscano infine ha davvero poco? E perché nei loro modi d’espressione e di comportamento i livornesi – il popolo livornese – si manifestano così insofferenti di regole e rispetti, così convinti in ciò d’essere i migliori al mondo?
«Strizza strizza, all’infòri de’ livornesi cosa ci resta ar mondo? I pisani, i fiorentini e i lucchesi. Che se li porti ar mare, a’ pisani ni ci vole ‘r sarvagente, i fiorentini fanno le bomboline e i lucchesi restano a casa a risparmià. Perché noi siamo i più ganzi, e di ‘he razza!