In una Livorno del 1920, tormentata, come il resto d’Italia, da miseria e malcontento popolare che spesso danno il via a vere e proprie rivolte, fra problemi di ordine morale e politico, fra affari di cuore e perfino di idiomi, il poliziotto si immergerà totalmente nel lavoro, fino a risolvere il mistero.
In una Livorno del 1920, tormentata, come il resto d’Italia, da miseria e malcontento popolare che spesso danno il via a vere e proprie rivolte, fra problemi di ordine morale e politico, fra affari di cuore e perfino di idiomi, il poliziotto si immergerà totalmente nel lavoro, fino a risolvere il mistero.
Chissà perché la sua mente tornò agli anni del liceo, a Cronos, la divinità greca del tempo che scorre inesorabile, ed a Kairos che, nell’Olimpo, rappresenta l’attimo dopo il quale tutto non è più come prima. Piero era conscio che l’incontro con quello sconosciuto semidio aveva di fatto sconvolto tutta la sua tranquilla vita borghese.
Lo cerco nel gelato con mamma perché il suo sorriso diventa luminoso. Lo cerco nel sapore del frate che mi fa sentire a casa. Lo cerco nelle smorfie di Clay tipica espressione di chi si arroga il diritto di sfidare a duello. Lo cerco nei dribbling che mi fanno scoprire la finta di Causio. Lo cerco negli occhi di un bambino che guarda autobus e cielo dalla finestra perché sono i miei occhi.
Per quanto di diversa ispirazione, tutti i testi di questa silloge sono in qualche misura autobiografici: considerazioni su temi personali, riflessioni sui grandi eventi della storia del Novecento, ritratti che sono proiezioni dell’autore, sogni o ricordi di altre vite vissute in altri tempi, in altri luoghi… Comune a tutte le sezioni la medesima sensibilità di Otello Chelli: un guerriero che ama la pace.
L’amore di Madre Amritanandamayi è vasto come il cielo infinito mi inchino ai piedi di colei che semina amore e conoscenza in tutto il pianeta abbracciando e confortando milioni di persone in un’epoca così difficile come quella che stiamo vivendo. La vita di Madre è tutta un abbraccio al mondo. Non ho mai assistito a niente di simile. Solo un essere abitato dalla divinità può vivere quello che Madre vive.
(Jayanand)
Nessuno di loro riuscì a prendere sonno facilmente quella sera nella grande casa e se i pensieri che affollavano le loro menti avessero avuto un suono, il quieto silenzio della villa sarebbe diventato un’incontrollata cacofonia.
Ancora una volta Donatella Stefanini ha saputo tessere una trama appassionante e avvincente. In Ljuba ritroveremo alcuni dei protagonisti dell’apprezzato Il secondo martedì del mese, per il lettore non mancheranno sorprese e colpi di scena.
Giunti al passo del Giogo è possibile vedere a perdita d’occhio il panorama del Mugello, da qui in poi inizia la discesa che tra curve e tornanti arriva alla pianura. Il paesaggio cambia: i bordi della strada sono verdi con prati e ruscelli, filari di viti che sembrano venire incontro e ondeggiare al passo della corriera, il grano pronto per la mietitura s’increspa con il vento e disegna nei campi ritrose e strisce dorate, uliveti fermi con le radici abbarbicate nel terreno, i rami nodosi e contorti come le mani dei vecchi contadini della zona.
I ragazzi che avevano fatto parte delle squadre di calcetto salutarono in coro: “Ciao Henry!”. Lui fece segno con le mani di fermarsi. Così si avvicinò per salutarli: questo omone di quasi due metri, con mani e braccia lunghe, ne abbracciò più che poté, sembrava un’aquila che con le ali enormi volesse proteggere tanti aquilotti.
In queste pagine si raccontano ‘mille storie di ragazzi’ vissuti in un paesino rurale della Sardegna, il cui nome non verrà mai menzionato nel libro. Sebbene il racconto inizi nella primavera del 1940 l’autore non intende raccontare quello che fu il regime totalitario ma frammenti di leggende contadine, intrecciati a fatti realmente accaduti, rimasti nella sfera privata e mai conosciuti al di fuori dell’ambito locale.
Livorno, una mattina come tutte le altre. Un uomo si imbatte casualmente in un foglio di giornale in cui si descrive un fatto di sangue avvenuto in una città del Nord Italia: il ritrovamento del cadavere di un barbone, morto in circostanze misteriose.
Per l’uomo si tratta di una notizia sconvolgente, che consentirà di rivivere il passato, dall’adolescenza trascorsa negli anni ’50 in un rione di Livorno fino ai giorni nostri. Gli abitanti vengono descritti come membri di una vera e propria comunità ed accompagnano il personaggio con uno spirito di solidarietà e di buoni sentimenti.
Luigi Bertoni, attraverso una scrittura fluida e gradevole, parla con tenerezza di relazioni umane e di amicizia, ripercorrendo con nostalgia un’epoca fatta di solidarietà e buoni sentimenti.