Fabiano Badalassi, tra un turno alla Piaggio e il ciak di un cortometraggio, scrive racconti con personaggi improbabili, con animali fantastici, con storie ambientate in spazi e tempi indefiniti, con giochi di parole vertiginosi che pare l’equilibrista di un circo di provincia. E cammina, cammina su quel filo incredibile che è agganciato a Italo Calvino da una parte e a Nino Frassica dall’altra. Un percorso impossibile, che si può intuire soltanto, forse, se si è capaci di essere al tempo stesso attori e metalmeccanici e, più che altro, se si è così arguti a preferire al cammino il camino. Quello del vecchio Santiago Pellegrini, che ci sta fisso lì davanti e non si muove. Non si muove ma racconta.
Pilade Cantini
Lamberto Giannini
“La smania non ti consente mai di adeguarti, di fare ciò che, per quieto vivere, dovresti fare, o magari anche per vivere meglio, perché la smania non ti vuole far vivere meglio, ti vuol far vivere, e vivere significa passare dall’essere all’esserci, vivere vuol dire situarti, vivere vuol dire stare dentro le cose andando a scoprire il significato più profondo di quello che ti capita. La smania ci spinge a cercare qualcosa dentro di noi per andare oltre, per passare dal così fu al così volli che fosse, come diceva Nietzsche, e trasformare l’esistenza sapendo che si è sconfitti in partenza, ma anche che questo meraviglioso tentativo è il senso della smania”.
“Se mi perdo è per cercare la mia luce. E la ritrovo, statene certi: negli occhi di un gatto, in un assolo notturno di un assiolo. La ritrovo anche in questa penna che danza lieve sul mio quaderno a righe, perché io scrivo solo a penna. Dopo ascolto il ticchettare incessante della tastiera, quando ricopio tutto”.
L’autrice ha preso spunto dai ventidue Arcani Maggiori per immaginare altrettante storie, fornendo allo stesso tempo una personale interpretazione grafica. Attraverso una rielaborazione che coinvolge più strumenti espressivi, emerge un quadro di insieme che invita a riflettere sui sentieri che si dipanano e si biforcano, per seguire la direzione dettata dalla propria carta.
“Lucia non aveva mai provato un’angoscia così grande. La paura di perdere Giulia le attanagliava l’anima, la sconvolgeva. Nelle ore di attesa ripensò a tutti i momenti vissuti insieme e si rese conto di non avere un passato senza di lei”.
In un arco temporale brevissimo si snoda una vicenda piena di sentimenti controversi, in una Livorno vera, insolita e bellissima.
Il rugby, come la vita, dà un’occasione in più a chi sa coglierla, a chi vuole ottenere un obiettivo a cui tiene molto, anche se a volte insperato. La vita è dura, più dello sport, ma le sue circostanze, a volte anche tragiche, possono riaprire partite chiuse da anni e delle quali davamo per scontato l’esito negativo; quando tutto ormai pare perso, uno stralcio di luce può illuminare l’orizzonte, prima che sia notte per sempre.
Il volume è composto da quaranta poesie scelte tra le tantissime scritte nel corso dell’intera vita dall’autrice e selezionate accuratamente da Laura Cini, attrice e regista teatrale.Veri e propri racconti poetici che traggono ispirazione dai sentimenti, dalle vicende quotidiane, dall’incanto della natura che la circonda, dai luoghi che ha visitato nei suoi viaggi, dalle tante esperienze vissute nel suo lavoro, dalle delusioni, dai ricordi, dai dolori.
Giuliana Giannini Rossi ha svolto per tanti anni l’attività antiquaria ma ha anche saputo coltivare la passione per la letteratura, la musica, il teatro e trasformare le sue emozioni in poesia.Nel corso degli anni ha partecipato a diversi concorsi di poesia ottenendo numerosi riconoscimenti.
Il volume, a cura di Laura Cini, realizzato da Blow up artisti associati con il patrocinio del Comune di Livorno, contiene una raccolta di poesie scritte da Giuliana Giannnini Rossi dagli anni Cinquanta a oggi.
Le fotografie di Cinzia Ganzinelli scandiscono gli stati d’animo e le storie raccontate nei versi della poetessa. La prefazione è a cura di Giuliano Capecelatro.
Storia della Scia: una gara mitica per la più piccola delle imbarcazioni; un libro sulla tradizione remiera livornese, che parla di un’imbarcazione, la Scia, e di vogatori le cui gesta sono rimaste nella storia del remo cittadino.
“Ormai non esiste più, ma prima era un ingrediente del Palio, senza il quale la festa alla Terrazza Mascagni non sarebbe stata così importante e così partecipata. La gara alla Scia è stata per anni la versione moderna (ma neanche troppo) di una tradizione che si perde nei secoli, quella dei pescatori che andavano a guadagnarsi il pane con la sola forza delle braccia, su delle piccole barche a remi. E così era quella gara. Su quelle imbarcazioni minuscole c’era posto per un solo vogatore, che in piedi deveva spingere a tutta forza per la metà del percorso del Palio: mille metri. Un chilometro di fatica e di Gloria, un chilometro che faceva andare in delirio I sostenitori di questo o quel rione”.
Da I duellanti di Luciano De Majo.